sabato 16 marzo 2013

Eppure allo stambecco

di Rachilde Cimici, esponente del Neosimbolismo Stitico.



Eppure allo stambecco
non servono le ciaspole,
per correre felice
nella candida neve.

Gli bastano dei piedi
sottili e mingherlini,
e corre e salta e danza
più dello scialpinista.

Forse è la Natura
che fa tutto all'incontrario.


Nota al testo di Ignazio Apicardo, direttore del trimestrale di scienze varie "Nespole e Archibugi"

"Con questa poesia la Cimici apre una fase nuova del suo verseggiare. Il rigore formale delle due quartine di settenari si contrappone fortemente al distico conclusivo che pure, formato da un senario e un ottonario, richiama virtualmente il ritmo delle strofe precedenti, destrutturandolo. In questo indugiare, in questo scomporre dall'interno, la Cimici ci fa sentire tutta l'angoscia di un'esistenza di dubbio, di incertezza, di insanabile bifrontismo tra natura e cultura. La ciaspola e il piede dello stambecco, la corsa felice della bestia e il lento procedere dello scialpinista: immagini così diverse e così simili da portare l'Autrice, figlia di una società quantomai lontana dallo stato naturale, a chiedersi se non sia la Natura stessa ad aver sbagliato qualcosa. 
Non c'è risposta, agli interrogativi della Cimici. C'è solo la consapevolezza di non far più parte di quel mondo naturale e selvatico, di non poterlo capire, di non essere nemmeno in grado di osservarlo senza i filtri di una cultura che si fa matrigna. La poesia della Cimici, sublime nella sua semplicità, è in grado di farci provare tutto questo, di farci rimanere con gli occhi sbarrati di fronte al dilemma, al distacco, alla totale impossibilità di comprendere."

1 commento:

  1. Voglio essere un adepto anche del movimento cimiciano. Se pur annaspante, se deprivato delle sue controverse ciaspole.

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