lunedì 25 marzo 2013

Il parlamentare del nuovo millennio


Tre ragazzi si avvicinano a un uomo vestito di stracci, con la barba lunga e un odore acre di sudore stantio.
«E tu cosa sei? Cosa sei, bestia?»
L'uomo non risponde.
«Lo so io cosa sei. Tu sei un parlamentare, bestia, sei un politico del cazzo.»
L'uomo scuote la testa, piano.
«Mi fai schifo, tu e tutti quelli come te. Siete una razza di bastardi, pensate solo a voi stessi, siete una casta, una setta, un comitato di interessi. Siete il vomito di questo sistema malato.»
Abbassa lo sguardo, l'uomo, trema.
«Vi siete presi i nostri soldi, cazzo, ve li siete mangiati tutti e vi manteniamo ancora, a voi cani rognosi! Cos'hai lì, rutto umano, fammi vedere?»
Uno dei ragazzi strappa dalle mani dell'uomo un tozzo di pane raffermo.
«Lo vedi, cane bastardo, lo vedi? Tu sei qui a non fare un cazzo e vivi sulle nostre spalle! Merda umana, che cazzo hai fatto per meritarti un pezzo di pane, eh? E a noi? Cazzo ci spetta, a noi?»
L'uomo solleva le mani, per ripararsi dalle botte.
«Ecco cosa vi meritate, tu e la tua razza di stronzi, vi prendiamo a calci, vi prendiamo a calci in culo perché c'è da raddrizzare le cose, qui, c'è da eliminarvi tutti, voi e i vostri privilegi, siete morti ormai, siete tutti morti!»
I ragazzi si accaniscono sull'uomo, lo prendono a calci, a pugni. Gli strappano le vesti, lo sollevano, lo mordono, lo dilaniano, lo fanno a pezzi.
Se ne vanno via fieri, coperti di sangue.

sabato 16 marzo 2013

Eppure allo stambecco

di Rachilde Cimici, esponente del Neosimbolismo Stitico.



Eppure allo stambecco
non servono le ciaspole,
per correre felice
nella candida neve.

Gli bastano dei piedi
sottili e mingherlini,
e corre e salta e danza
più dello scialpinista.

Forse è la Natura
che fa tutto all'incontrario.


Nota al testo di Ignazio Apicardo, direttore del trimestrale di scienze varie "Nespole e Archibugi"

"Con questa poesia la Cimici apre una fase nuova del suo verseggiare. Il rigore formale delle due quartine di settenari si contrappone fortemente al distico conclusivo che pure, formato da un senario e un ottonario, richiama virtualmente il ritmo delle strofe precedenti, destrutturandolo. In questo indugiare, in questo scomporre dall'interno, la Cimici ci fa sentire tutta l'angoscia di un'esistenza di dubbio, di incertezza, di insanabile bifrontismo tra natura e cultura. La ciaspola e il piede dello stambecco, la corsa felice della bestia e il lento procedere dello scialpinista: immagini così diverse e così simili da portare l'Autrice, figlia di una società quantomai lontana dallo stato naturale, a chiedersi se non sia la Natura stessa ad aver sbagliato qualcosa. 
Non c'è risposta, agli interrogativi della Cimici. C'è solo la consapevolezza di non far più parte di quel mondo naturale e selvatico, di non poterlo capire, di non essere nemmeno in grado di osservarlo senza i filtri di una cultura che si fa matrigna. La poesia della Cimici, sublime nella sua semplicità, è in grado di farci provare tutto questo, di farci rimanere con gli occhi sbarrati di fronte al dilemma, al distacco, alla totale impossibilità di comprendere."

giovedì 14 marzo 2013

La prima apparizione del Grande Dio

di Melchiorre Guapone, tempera su cartoncino, 14,8 x 21 cm.


"È attonito, l'uomo, quando scorge il Grande Dio.
Forse perché era lì da sempre."


martedì 12 marzo 2013

Folletti esplosivi



Quando vide l'arcobaleno in lontananza sorrise, emozionato per quel fenomeno che, fino ad allora, aveva visto solo sui libri che mamma e papà gli avevano regalato.
Iniziò a camminare verso quel semicerchio colorato: non conosceva la leggenda della pentola d'oro, non conosceva l'avidità.
Era un bambino innocente, puro, e forse proprio per questo non si stupì quando vide l'arcobaleno diventare sempre più grande.
Si stava avvicinando davvero a quell'impalpabile fenomeno multicolore, ormai gli mancavano pochi metri.
Poteva sentirne il rumore, uno strano frinire metallico, come di fate di titanio che sbattono.

Non trovò la pentola, quando raggiunse l'illusione ottica. Non c'era.
Curioso, sfiorò per un attimo il colore rosso, il suo preferito.
Allora le fate metalliche frinirono più forte, e il bambino sentì la terra muoversi, sotto ai suoi piedi.
Si aprì una botola, nascosta dall'erba, e ne uscì un folletto sorridente, dal naso nodoso.
Si avvicinò al bambino, che emozionato già s'immaginava di aver trovato un nuovo compagno di giochi.
Ma il viso dell'omuncolo non era più benevolo: si era trasformato in un ghigno arcigno, sadico. Guardò il bambino negli occhi, il folletto, poi si fece esplodere, dilaniandolo e spargendone i resti tutt'intorno.

Dopo di lui uscì un altro folletto, seguito da un terzo, da un quarto e così via.
Corsero veloci verso le case circostanti, per farsi esplodere vicino agli umani.
Il terreno non smise di eruttare folletti per molti giorni.
Non servirono a nulla gli appelli dei telegiornali, non servì l'esercito, non servirono i bunker e le cantine.
Nessuno sfuggì ai folletti esplosivi.

martedì 5 marzo 2013

In difesa del brutto



Alcuni lettori e alcuni esponenti del ceto intellettuale di questo nostro beneamato e ridente paese ci hanno fatto notare che, a detta loro, il blog de L'Assurdo è brutto.
Brutto per la grafica, brutto per i contenuti, brutto in generale.
A questi esimi concittadini ci sentiamo in dovere di fornire una risposta ufficiale, per tanto ci premuriamo col presente comunicato di rendervi edotti del fatto che lo sappiamo benissimo che questo blog è brutto. Ci teniamo inoltre a precisare che questo blog è brutto per scelta, e che a noi il brutto ci piace, anche sintatticamente parlando, talvolta.

Noi siamo a favore del brutto, del brutto facciamo la nostra bandiera, e vi spieghiamo perché. In tutto e per tutto, nel creare e nel tenere in vita L'Assurdo, ci ispiriamo alla Natura. Lo stato naturale, brado e libero, per noi è l'unico valore accettabile e degno di essere propagandato.
E la Natura, quella con la N maiuscola, non è fatta solo di cascate, foreste incontaminate, ghiacciai e barriere coralline.
La Natura è quella che ha creato la mucca, e non ci vuole molto per scorgere la scarsa grazia di questo mammifero.
La Natura ha creato anche la lingua della mucca, bavosa e ruvidina, poco piacevole da toccare anche se molto gradevole da mangiare, una volta staccata dall'animale e bollita.
La Natura ha dato vita a una bestia, la mucca, che mangia chili d'erba ruminando coi suoi denti tartarosi e che produce chili di sterco. Sarete d'accordo nell'affermare che lo sterco, di cui la natura è oltremodo ricca, non è esattamente una cosa bella, a meno che non siate una blatta o una mosca. Ma non lo siete, e in più le blatte, bestie croccanti che ruminano sterco, le giudicate poco attraenti, piuttosto sgradevoli, senza dubbio brutte.
Ha creato i rospi viscidi, la Natura, le larve ghiotte di carne marcia, la carne marcia, le unghie dei piedi dei morti, le foglie secche, il vomito di topo, i tassi che fanno a pezzi decine e decine di cuccioli di talpa per divertimento, anche se sono già sazi.
Ha creato l'uomo, quindi anche i centri commerciali, le guerre nucleari, i necrofili e la sperimentazione sui cagnolini tanto carini che tutti amiamo condividere su Facebook per sentirci buoni, lindi, puliti.

La Natura fa schifo.
Lasciate che facciamo schifo pure noi.

lunedì 4 marzo 2013

Macaco tragico


Spuntano dalla terra, i macachi.
Fiori purulenti di radici sotterranee, scavano con le loro zampe unghiute fino a trovare la superficie.
Scimmie-zombie dal pelo terroso, hanno fame di carne, di pelle, di cervelli umani.
Spuntano a decine, a centinaia: i prati vomitano scimmie malate, primati invasati, bestie senza ritegno, pazze della fame che riempie le loro viscere.

Calano sulle città, orde scomposte, urlanti, vogliose di sangue.
Entrano nelle case, latrando, sventrano uomini, donne e bambini, martoriando coi denti aguzzi le le carni di giovani e vecchi.
Mordono, strappano, sbranano.
È nell'urlo di una scimmia che crepa l'umanità.
È tra le sue fauci che inizia a decomporsi.