martedì 28 maggio 2013

Del viaggio o dell'esplorare

di Francesco Trombi, curatore del blog Absurd is the Way.


Santiago è un bel posto, una bella persona e un notevole baobab.
Delle tre, sceglierei la quarta via, quella della laguna: Santiago è un ottimo alligatore.

domenica 26 maggio 2013

La Gardenia

di Pracchio Spippioli, esponente del Neosimbolismo Stitico.




Cresci rigogliosa,
bella Gardenia,
nel mio bagno rosso e blu.
Tra il bidet e la lavatrice,
amici tanto cari,
vivi felice,
mia verde Gardenia.

Ma se chiudo gli occhi
non posso che pensarti
in un prato assolato,
in un bosco bagnato,
su di un monte innevato.

Moriresti così in fretta,
mia triste Gardenia,
soffocata dal caldo,
marcita per l'acqua,
nel gelo impietrita.

Solo qui sei al sicuro:
solo qui nel mio bagno,
che è rosso ed è blu.

Ogni sera ti penso,
Gardenia mia,
ti bramo, ti cerco.
Infine ti prendo,
ignudo e accaldato,
ti rubo una foglia,
la porto alla bocca.

E solo allora ricordo
che sei una pianta
di plastica.

Nota al testo di Roboante Acapulco, filologo comparativista direttore del trimestrale "Palancole che passione"

L'ermeneutica passionale spippioliana si esercita, anche in questa poesia, su di un oggetto-simbolo inanimato, la gardenia, inserita nel contesto toilettistico caro all'Autore. In queste righe lo Spippioli dimostra un'abilità quantomai consumata nel tessere una sapiente tela di connessioni semantiche: il bagno e il mondo esterno, la gardenia rigogliosa e la stessa pianta morente, la realtà rassicurante del bagno rosso e blu e il terrore di un mondo immaginario ed oniricamente catastrofico. Ogni elemento si contrappone dinamicamente agli altri, fino alla risoluzione di ogni tensione in un apparente e vitalistica esplosione di sensualità. Come un lampo il lettore capisce, dopo qualche strofa che il vero parallelo è uno soltanto: quello tra la gardenia e l'Autore stesso, tanto al sicuro tra le mura della toilette quanto terrorizzato al di fuori di esse. Brama se stesso, Pracchio Spippioli, vuol ricongiungersi quasi carnalmente alla sua stessa immagine, giunge ad un passo dal coronare la sua impresa, ma infine non può che sfiorare il sogno: la gardenia, ricorda, è soltanto una pianta finta. Realtà ed illusione, essenza e apparenza, si mescolano al punto da diventare indistinguibili.

lunedì 13 maggio 2013

La Religione che vogliamo

Puntata n°6 di "Essere australopitechi oggi", rubrica regressiva a cura di Grrrugl.


La religione, nell'immaginario collettivo, è una questione complessa.
Una questione filosofica.
Una questione di sfumature e sottintesi, concetti e preconcetti.
Gesù Cristo è sul serio l'incarnazione di Dio? Maometto è stato un vero profeta? La divinità è immanente o trascendente?  La materia è bene o male? Esiste un mondo, al di là di questo? La Madonna era vergine o se la godeva anche lei?
Da millenni la gente si scervella (quando non si scanna) per questioni come queste.
Noi primitivisti vogliamo dire basta all'inutile boria dei religiosi e allo spargimento di sangue che ne consegue.
Crediamo di avere la soluzione, e in pochi passaggi convinceremo anche voi.

Qual è  il comune denominatore delle controversie teologiche?
Fermandosi un attimo è facile capire che tutti, ma proprio tutti, i battibecchi religiosi nascono dalla complessità insita nelle diverse fedi. In nome del puntiglio e dell'amore del dettaglio teologi e pensatori, eremiti e fratacchioni si scervellano da secoli, e si ritrovano ad essere così appassionati alla loro personale astrazione mentale, da voler sgozzare chiunque non la pensi come loro.
Ci sono due soluzioni, apparentemente: eliminare il desiderio di prevaricazione e dominio o eliminare la complessità del pensiero religioso.
Ma il desiderio di dominio, ne converrete, è insito nell'animo umano fin dall'alba dei tempi, al contrario dell'astrusità del pensiero moderno.
Dunque è chiaro che l'unico modo per eliminare i conflitti religiosi è eliminare la complessità dal pensiero umano.

Cosa sostituiremo, dunque, ai tomi dei filosofi scolastici e alle encicliche papali?
Una religione senza pensiero.
Una religione di pura emozione.
Una religione che tocca l'apice della propria complessità nello stupore di fronte al sole che sorge, a un fiume che scorre, a un bambino che nasce.
Da dove credete che giungano le domande che l'uomo si pone da millenni, se non dalla contemplazione di ciò che abbiamo intorno?
Cosa c'è di più profondo, religioso, spirituale e appagante che fermarsi prima che il cervello inizi a macchinare?
Eccola qui, la nostra proposta religiosa: guardate il sole splendere in cielo, guardate l'erba che cresce, sentite sulla vostra pelle il calore dell'estate e il freddo dell'inverno, riempitevi i polmoni dell'odore della pioggia, saziate i vostri occhi con lo spettacolo dei fiori.
E fermatevi.
Non fatevi domande.
Vale di più un raggio di sole che una notte di preghiere.

giovedì 2 maggio 2013

Ricordi


L'uomo torna a casa al tramonto, camminando piano. Non c'è nessuno ad aspettarlo: vive solo, e passa gran parte delle sue giornate immerso nel silenzio. È uno abituato a lavorare sodo, ha le mani callose e irrigidite, la pelle arsa dal sole.
Gira la chiave nella toppa, si sfila i vecchi scarponi consumati e si prepara un bagno caldo.
Ci mette un attimo a ricordarsi della pernice morta che ha appeso alla cintura.
L'appoggia alla credenza e si toglie la camicia.
La sbottona lentamente, e nel farlo un'immagine gli si presenta inaspettata: il vecchio armadio della soffitta. È lì che ha riposto i calzoncini corti la vernice rosa, è lì che li aveva lasciati qualche mese prima. L'aveva dimenticato.
Sorride.
Strani, gli scherzi dell'età.
Si versa un bourbon senza ghiaccio, si siede sulla sua poltrona verde, che emette lo stesso scricchiolio di sempre.
Sorseggia piano.
Non sorride più.